INVITATE MIA FIGLIA DOWN IN ISLANDA


Grazie a Francesco che scrive da Roma
Leggendo gli articoli di questi giorni relativi alle (non) nascite dei bimbi Down in Islanda, ed essendo  padre di una di loro, vorrei esprimere una breve considerazione.
Pur non entrando nel merito delle scelte personali, credo sia necessario però essere onesti. Avere un figlio con sindrome di Down non è una passeggiata, comporta certamente delle difficoltà in più, ma per favore non affermiamo  di fare il bene di questi bambini o di "prevenire la loro sofferenza" (come afferma la psicologa  islandese Helga Sol  Olafsdottir che consiglia le mamme con test prenatale positivo ) non facendoli nascere.
Se la psicologa ci inviterà in Islanda, potrà chiedere a Giulia ( che è stata promossa in seconda media, frequenta un gruppo scout, pratica nuoto sincronizzato e surf, e mentre scrivo col cellulare questa lettera, sta  giocando sotto l'ombrellone con i cugini a "Reazione a catena") se avesse preferito non nascere.
Potrà inoltre vedere da vicino una persona con sindrome di Down (rarità assoluta nel suo paese), si accorgerà che i tempi si evolvono, le persone Down (con tutte le difficoltà del caso) vanno a scuola, lavorano, praticano sport e, come tutti gli altri, possono anche essere felici.
Infine le regalerò un  libro scritto dalla madre di Giulia, (Isabella Piersanti, "Da piccola ero Down") dove si legge nell'introduzione : "Avere una figlia con sindrome di Down non è un dramma e non significa non essere più felici".
Francesco Giovannelli

GIULIA ERA DOWN